Il ritorno della Renault Twingo, atteso per l’inizio del 2026, segnerà un momento storico per il costruttore francese. La quarta generazione del modello, interamente elettrica, promette di sbarcare sul mercato a un prezzo inferiore ai 20.000 euro, esclusi gli incentivi. Per raggiungere questo obiettivo, Renault ha rivoluzionato i suoi processi: il tempo di sviluppo del veicolo è stato dimezzato rispetto agli standard precedenti, passando da quattro a due anni. Un cambiamento radicale, reso possibile anche da una scelta strategica: la delocalizzazione parziale della progettazione in Cina.
Presso l’Advanced China Development Center (ACDC) di Shanghai, un team di 150 ingénieurs locali sta lavorando su componenti chiave come il motore, la batteria e gli interni della vettura. La mossa, però, ha generato tensioni interne. I sindacati francesi, tra cui Force ouvrière, hanno criticato la decisione, definendola una “strategia di riduzione dei costi” che mette in discussione le competenze degli ingénieurs in patria. Durante un’assemblea al Technocentre di Guyancourt, è circolato un volantino di protesta che sottolineava il rischio di privilegiare il made in China a discapito del know-how nazionale.
I vertici Renault hanno cercato di placare le preoccupazioni. Philippe Brunet, direttore dell’ingegneria della divisione elettrica Ampère, ha precisato che l’ACDC non sostituirà i centri francesi, ma fungerà da “avanguardia” per integrare nuove competenze. Anche l’AD Luca de Meo ha ribadito l’impegno a mantenere attività ingegneristiche in Francia, citando esempi concreti: la piattaforma della Twingo deriva da quella della R5, sviluppata in patria, mentre il design è stato curato interamente in Europa. La produzione, inoltre, avverrà nello stabilimento sloveno che già assemblava la terza generazione del modello.
Nonostante le rassicurazioni, Renault non nasconde l’ambizione di imparare dalle metodologie cinesi, considerate fondamentali per competere nel mercato globale dell’elettrico. “Oggi non si può essere leader senza comprendere e partecipare a ciò che accade in Cina”, ha affermato Brunet. Intanto, l’attenzione al made in France rimane alta, con la produzione delle nuove R5 e 4L confermata sul territorio nazionale. Tuttavia, gli ingénieurs restano cauti: il crescente ruolo dell’ACDC potrebbe ridefinire gli equilibri futuri, in un settore dove velocità e riduzione dei costi sono sempre più decisive.
Fonte: www.automobile-propre.com